Piazza Petigax, 1 - Courmayeur

domenica 30 settembre 2012

L'Unità del Protestantesimo



APPUNTI DEL MODERATORE
 
CATTOLICITA' PROTESTANTE
di Eugenio Bernardini
All’assemblea della Comunione di chiese protestanti in Europa (un centinaio di delegati di 106 chiese luterane, riformate, metodiste e unite di una trentina di paesi europei) che si è tenuta a Firenze dal 20 al 26 settembre con il motto "Liberi per il futuro", incontro Laurent Schlumberger, presidente del Consiglio nazionale della Chiesa riformata di Francia. Le nostre chiese si conoscono da tempo immemorabile e la lingua francese, per le chiese valdesi del Piemonte, è stata per secoli la lingua che li ha aperti all’Europa. 
Lui ne approfitta per chiedermi un aggiornamento sulla situazione delle nostre chiese, e in particolare sul programma "essere chiesa insieme". Io ne approfitto per esprimergli ammirazione per la velocità e il coraggio che hanno avuto nel realizzare in pochi anni (2007-2013) il cammino di unificazione con la Chiesa evangelica luterana di Francia. Nascerà così la Chiesa protestante unita di Francia che riunirà ben oltre un milione di credenti.


Si tratta di uno dei frutti dell’Accordo di Leuenberg (una cittadina svizzera), del 1973, in cui si è stabilita la piena comunione tra riformati e luterani – a cui poi si sono aggiunti anche i metodisti e altre denominazioni europee – e che ha portato alla costituzione dell’organismo ecumenico che si è riunito a Firenze.

Dopo Belgio e Olanda, ora anche in Francia ci sarà un’esperienza importante di unità organica tra grandi chiese della tradizione protestante. In altri paesi, quell’accordo di comunione del 1973 ha stimolato collaborazioni fruttuose e fiducia reciproca crescenti, dimostrando che si può essere diversi senza essere divisi. È quella che chiamiamo "cattolicità protestante".


26 settembre 2012
 

venerdì 28 settembre 2012

Culto Evangelico

Sabato 29 settembre 2012
ore 11.15
Culto Evangelico di Adorazione e Lode

ingresso libero e gradito

giovedì 27 settembre 2012

RIFORMA OGGI: LIBERI PER IL FUTURO



CONCLUSA LA VII ASSEMBLEA DELLA CCPE
Si è conclusa la settima Assemblea generale delle Comunità delle chiese protestanti in Europa (CCPE) che si è tenuta a Firenze dal 20 al 26 settembre con il tema "Liberi per il futuro". Hanno partecipato oltre duecento delegati delle chiese protestanti europee. Il teologo riformato Michael Beintker ha affermato nella sua conferenza del 21 settembre scorso "la Riforma toglie di mezzo tutto ciò che si frappone fra i cristiani e Cristo"; in questo contesto "Riforma" non si riferisce soltanto alla riforma protestante del XVI secolo ma alla riforma come conversione di tutte le chiese.





Il 23 settembre la regista e scrittrice Cristina Comencini ha tenuto un appassionato intervento su "Donne e chiesa" affermando che "c'è nel mondo un'onda nuova delle donne che pensa a qualcosa di totalmente inaudito, sentimento che le chiese protestanti sono in grado di ascoltare e d accogliere". 
Il giorno successivo il rev. Jonathan Gibbs, rappresentante della Chiesa d'Inghilterra, ha illustrato i rapporti tra le Chiese anglicane britanniche e d'Irlanda e la CCPE auspicando una ricerca dell'unità visibile della Chiesa di Gesù Cristo.

Nuovo presidente della CCPE è il vescovo luterano tedesco del Braunschweig Friedrich Weber. Eletto dal neo costituito Consiglio della CCPE, composto da 13 rappresentanti di chiese riformate, luterane, unite e metodiste del Vecchio continente, il presidente Weber, sarà anche il capo delegazione della CCPE nei colloqui con il Pontifico Consiglio per l'unità dei cristiani che prenderà il via a partire da febbraio 2013.

Fra i vari ordini del giorno l'Assemblea ne ha votato uno sulla Siria e il Medio Oriente con il quale ha espresso la solidarietà della CCPE ai cristiani dell'area e a tutti coloro che soffrono "a causa della violenza, dell'incertezza del diritto e della limitazione della loro libertà", chiedendo ai governi europei di operare per difendere e sostenere lo stato di diritto, 
la piena partecipazione alla vita della società e la piena libertà religiosa dei cristiani e delle minoranze religiose in Siria e Medio Oriente.
In ultimo ha votato un documento sulla crisi in Europa affermando che "serve un nuovo modello economico" e che il prerequisito per superare la crisi è rinforzare le procedure democratiche. I protestanti europei propongono la loro "ricetta" per affrontare la crisi: si va dalla regolamentazione del mercato finanziario, alle politiche fiscali, dalla preoccupazione per le conseguenze sociali delle politiche del rigore, al monito contro ogni forma di nazionalismo antieuropeo.
L'Assemblea si è conclusa presso il Centro La Calza di Firenze con un culto che ha visto la predicazione del nuovo presidente della CCPE, il vescovo Friedrich Weber.

Per maggiori informazioni visita il sito dedicato alla VII Assemblea della CCPE
Tutti i documenti approvati sono reperibili qui.

La CCPE, con sede a Vienna (Austria), promuove un modello teso all'allargamento dell'ecumene sulla base del motto "unità nella diversità riconciliata". Conta 106 chiese membro in tutta Europa (con i rispettivi bracci sudamericani) in rappresentanza di più di 50 milioni di persone: chiese luterane, riformate, unite, metodiste, che grazie all'accordo del 1973 di Leuenberg (Svizzera) si prestano mutuo riconoscimento dei ministeri e dei sacramenti. Con la dichiarazione del 1973 si pose di fatto fine alla divisione tra chiese luterane e riformate durata più di 450 anni.


tratto da: NEV - Notizie evangeliche
si veda anche: www.chiesavaldese.org

mercoledì 26 settembre 2012

una nuova collana Edizioni Dehoniane Bologna








Alberto Mello,
L’ebraicità di Gesù
e dei Vangeli
, (Cristiani
ed Ebrei),

prefazione di card.
Carlo Maria Martini,
Dehoniane,
2011, pp. 144.



Maurizio Abbà
****************

L’ebraicità di Gesù
Dehoniane, nuova collana
Maurizio Abbà Il volume di Alberto
Mello* ha
inaugurato una
nuova collana delle
Edizioni Dehoniane
Bologna dedicata al
tema del dialogo tra
cristiani ed ebrei. I
volumi usciti successivamente,
anch’essi
qualificati e
rilevanti sono: Gabriele
Boccaccini –
Piero Stefani, Dallo
stesso grembo. Le origini del
cristianesimo e del giudaismo
rabbinico; Amos Luzzatto –
Luigi Nason, In ascolto delle
Scritture di Israele. Il tema del
dialogo tra ebrei e cristiani è
infatti decisivo per una comprensione
attenta e adeguata
della fede.
Il libro di Mello (monaco
della Comunità di Bose, che
vive a Gerusalemme dove insegna
esegesi e teologia allo
Studio biblico francescano, e
ha pubblicato Commento midrashico
e narrativo all’Evangelo
secondo Matteo; e Leggere
e pregare i Salmi, Qiqajon, e
La solitudine del credente,
Dehoniane) si sofferma su alcune
questioni principali: origini
familiari; preparazione
nel deserto; ministero in Galilea;
compimento a Gerusalemme;
ebraicità dei Vangeli.
Importante è la significativa
rivisitazione di molti «luoghi»
interpretativi, tra cui quelle
che, solitamente, sono definite
«antitesi» nell’Evangelo di
Matteo (il termine antitesi, è
bene ricordarlo, non è nel testo
biblico): «Più modestamente
– scrive Mello –, penso
che si debba tener conto di almeno
due cose: a) la formula
usata da Gesù: “Avete udito”
non si rifà direttamente alla
Scrittura, ma al modo allora
corrente di “udire”, cioè di leggere
o capire la Scrittura. “Ciò
che è stato detto” (sottinteso
da Dio) è la Scrittura, la sorgente
intangibile della rivelazione
(…). Gesù non contraddice
la Torà per se stessa, che
anzi dichiara di voler compiere,
ma contraddice una certa
“audizione”, una certa comprensione,
ancora insufficiente
di quel dato comando, quale
aveva corso nell’ebraismo
del suo tempo (o del tempo di
Matteo). È come se dicesse:
“Finora avete pensato che il
tale comando volesse dire
questo (per es.: se si dice di
amare soltanto il prossimo,
questo, preso alla lettera, può
consentire di odiare il nemico)
ma io vi dico che questa
comprensione è ancora insufficiente,
che non è ancora abbastanza
vicina all’intenzione
di colui che ha detto questo
comando”». Perciò Gesù non
abroga la Torà, e noi possiamo
leggere le cosiddette “antitesi”
del discorso della montagna
non come antitesi reali,
ma come estensioni, potenziamenti,
radicalizzazioni delle
esigenze etiche della Torà»
(pp. 113-114).
Del celibato di Gesù, Mello
è sicuro, tanto
che si può «tracciare
una linea
retta dal monachesimo
esseno a
Gesù, passando
attraverso il Battista
» (p. 31). Vi sono
altri studiosi
che, com’è noto,
sono di parere diverso
o perlomeno
più prudenti
nel ricavare rapidamente
definizioni;
in una ipotetica carta
d’identità di Gesù risulterebbe:
«Stato civile: non menzionato
»1. Effettivamente, al riguardo
la Bibbia tace e il resto
sono supposizioni più o
meno probabili, ma la fede
evangelica non si basa su
(l’assenza) di questi dati. La
Scrittura si esprime in maniera
netta e chiara riguardo ai
fratelli e sorelle di Gesù (Marco
6, 3), e qui Mello è molto
cauto: «Senza pregiudicare il
delicato e forse insolubile
problema dei “fratelli” di Gesù
» (p. 10). Su questo tema
uno dei maggiori biblisti cattolici-
romani statunitensi,
John P. Meier, è di parere diverso:
«L’opinione più probabile
è che i fratelli e le sorelle
di Gesù fossero veri fratelli»2.
Ma si tratta, qui, di questioni
di dettaglio non primarie.
Tra le significative parole di
Mello riporto quelle poste in
conclusione del libro per fare
memoria di ciò che va superato
definitivamente e che
suonano altresì da inizio per
nuove e approfondite ricerche
e, soprattutto, radicate
amicizie (pp. 136-137): «La
polemica cristiana antigiudaica
è un fatto che risale alle
origini: non per questo deve
continuare a essere un elemento
costitutivo della nostra
storia. Dopo gli orrori del XX
secolo, questo ci è vietato in
tutti i sensi. Ma, ai nostri
giorni, proprio in conseguenza
della Shoah, si è prodotto
anche un effetto insperato, ed
è questo che ormai deve ispirare
la nostra lettura dei vangeli.
Se è vero che il giudeocristianesimo
delle origini è
un dato storicamente non più
recuperabile, oggi, però, assistiamo
a qualcosa che ci fa
sperare di poter almeno lasciarci
alle spalle l’antigiudaismo,
e questo è la nascita di
una nuova amicizia tra ebrei e
cristiani».
Il taglio del volume corrisponde
bene a una delle impostazioni
di base della collana:
volumetti agili ma culturalmente
solidi per libri che hanno
il fine di aiutare a superare
l’antigiudaismo cristiano sfociato
troppe volte nell’antisemitismo.


1. Geza Vermès, Gesù
l’ebreo
, Borla, Roma, 1983.
2. John P. Meier, Un ebreo
marginale. Ripensare il Gesù
storic
o. 1. Le radici del problema
e della persona
, Queriniana,
2001.


tratto da: Riforma n. 37, 2012, ANNO XX, p. 7.
www.riforma.it

lunedì 24 settembre 2012

La preghiera di ringraziamento a Dio scaturisce dalla riconoscenza della sua azione nella nostra vita



"Noi ringraziamo sempre Dio per voi tutti, nominandovi nelle nostre preghiere, ricordandoci continuamente, davanti al nostro Dio e Padre, dell'opera della vostra fede, delle fatiche del vostro amore e della costanza della vostra speranza nel nostro Signore Gesù Cristo"  (1 Tessalonicesi 1, 2-3).

Paolo, in apertura della lettera afferma di pregare e di ringraziare continuamente Dio per la fermezza della fede dei Tessalonicesi. Nella preghiera, Paolo esprime la propria gratitudine a Dio che ha permesso ai cristiani di Tessalonica di resistere alle prove.
Con questo l’apostolo vuole insegnarci che, se i credenti riescono a resistere alle situazioni di difficoltà e a vivere la loro fede con fermezza, ciò non è attribuibile ai loro meriti, bensì all’amore di Dio che rimane fedele alle sue scelte. Dio non abbandona i suoi figli amati. Attraverso il Vangelo annunciato dall’apostolo è Dio stesso che è all’opera, producendo nei credenti il volere e l’agire (Filippesi 2,13).

Il Vangelo fonda l’esistenza umana in un amore offerto; strappa il credente dalla tentazione di arroganza, ma anche dalla paura di non essere capaci di resistere alle prove. I Tessalonicesi hanno saputo resistere nella fede grazie all’opera dello Spirito santo e alle intercessioni continue di Paolo, il quale apprezza il loro radicamento nel Vangelo da lui annunciato, per cui la fama della loro fede si è sparsa in ogni luogo. La fede dei Tessalonicesi non vuole semplicemente suscitare l’ammirazione ma è anche, in modo indiretto, un invito a guardare verso Dio che ama e salva.

Paolo ringrazia Dio per i cristiani di Tessalonica che hanno dimostrato di essere una comunità vivente attraverso l’opera della fede, l’impegno dell’amore e la costanza della speranza.
Se le preghiere di ringraziamento a Dio sono carenti nel nostro contesto è perché, spesso, pensiamo soltanto a ciò che dobbiamo fare, dimenticando un fatto molto importante, cioè, che è sempre Dio ad agire prima di tutto, e che la sua azione è fondamentale. Ringraziare Dio significa riconoscere la sua azione operante nella nostra vita. Grazie a quest’azione di Dio, i Tessalonicesi sono stati fortificati nelle virtù fondamentali: fede, speranza e amore, diventando un esempio per tutte le altre comunità.

La fede operante, che porta frutti, l’amore impegnante, che sa andare oltre il sentimentalismo e dedicarsi al fare, e la speranza perseverante che è uno sguardo rivolto verso l’avvenire, cioè verso il Cristo, in attesa del suo ritorno, sono segni della potenza di Dio all’opera nella storia umana. Apriamoci alla presenza di Dio e lasciamo che operi in noi e faccia di noi dei testimoni credibili per coloro che cercano il senso della loro vita e, forse anche, la possibilità di vivere una fede più attiva.

                                                                                                            Past. Jean-Félix Kamba Nzolo


Preghiera:
TI RENDIAMO GRAZIE

Noi ti rendiamo grazie,
Signore Dio onnipotente,
poiché Tu sei Dio degli uomini
e non ti sei vergognato
di essere chiamato nostro Dio.
Tu ci conosci per nome,
Tu tieni tutto il mondo fra le tue mani.
E' per unirci a Te,
noi tuo popolo su questa terra,
che ci hai creati,
che ci hai chiamati a questa terra,
che ci hai creati,
che ci hai chiamati a questa vita.
Sii Tu benedetto,
creatore di tutto ciò che esiste.
Sii Tu benedetto, Tu che ci hai liberati
e ci dai un tempo per vivere.
Sii Tu benedetto,
per la luce dei nostri occhi,
e per l'aria che respiriamo.
Noi ti rendiamo grazie per tutta la creazione,
per le opere delle tue mani,
per tutto ciò che hai fatto in mezzo a noi,
per Gesù Cristo, nostro Signore.
Amen!

(autore anonimo)



tratto da: verbaniaprotestante.blogspot.it
in data lunedì 24 settembre 2012

domenica 23 settembre 2012

Iniziative Evangeliche

APPUNTI DEL MODERATORE
"Quale sara' il suo programma"?
di Eugenio Bernardini




La domanda più frequente che ho ricevuto dai giornalisti nei miei primi giorni da moderatore è stata: "quale sarà il suo programma?". Domanda comprensibile per chi non sa, o ha dimenticato, che la tradizione protestante prevede che tutti i ministeri "di governo" siano collegiali e che debbano "eseguire" le decisioni e le linee guida definite dalle assemblee che li hanno eletti. Quindi, il "programma" per un moderatore, che non è un patriarca, è quello definito dal Sinodo.

Naturalmente, ognuno interpreta questo ruolo con le proprie caratteristiche, la propria personalità, il proprio modo di vivere l'amore per la propria chiesa e per la Chiesa universale. E ognuno interpreta questo ruolo anche in base alla visione che ha delle urgenze dei tempi.
Per me è essenziale che le chiese, tutte, ritrovino il senso della loro missione in Italia, e in Europa, in un contesto radicalmente cambiato: decisamente multiculturale e multireligioso, da una parte, ma anche segnato da una varietà di secolarizzazioni, per cui nulla va dato per scontato sia nei contenuti sia nelle modalità di comunicazione.
Non solo, proprio in questo contesto le chiese devono essere le prime a praticare ciò che propongono: accoglienza, tolleranza, parità di diritti e di doveri tra uomini e donne (anche per quanto riguarda il ministero ecclesiastico), sostegno ai più deboli e disprezzati. Ricordando che queste proposte hanno una radice profonda nell’Evangelo, che è parola di speranza, vita e salvezza per tutti.


20 settembre 2012
tratto da: www.chiesavaldese.org

venerdì 21 settembre 2012

Trinità: assolutamente centrale per la fede e la teologia cristiana


DIALOGHI CON PAOLO RICCA

Trinità: tre manifestazioni o tre modi di essere di Dio?




Scrivo in merito alla rubrica di Paolo Ricca sul settimanale Riforma del 26 febbraio 2010 in cui il professore risponde a un lettore in merito alla fede trinitaria. Nella sua risposta è possibile leggere quanto segue: «La categoria “persona” applicata alla Trinità (“un Dio in tre persone”) è fuorviante perché ha oggi un significato ben diverso da quello che aveva nel IV secolo. Allora significava la maschera che l’attore portava sul volto per interpretare un personaggio. Oggi invece significa un individuo, un soggetto unico e irriducibile a ogni altro. È possibile spiegare la dottrina trinitaria? … Ci provo. Ciascuno di noi è, al tempo stesso, molte cose, pur essendo e restando una singola persona. A esempio posso essere, al tempo stesso, figlio, padre e zio. Oppure piemontese, italiano ed europeo… E così via. Siamo, pur essendo uno, tante cose secondo le tante relazioni che compongono la trama della nostra vita. Ciascuno di noi è, al tempo stesso, uno e molteplice. Questo non compromette l’unità della persona, anzi l’arricchisce. Così Dio è uno e tre: Padre, Figlio e Spirito Santo, tre modi diversi di essere l’unico Dio».
Un tale concetto di Trinità si ritrova già nell’Alfabeto evangelico di Giorgio Tourn, citato sul sito, dove, alla voce Trinità si può leggere la stessa interpretazione della fede trinitaria: non si tratterebbe di tre persone, nel senso moderno del termine, ma di modi diversi di presentarsi dell’unico Dio. Ma questo è il Modalismo: una sola Persona divina manifestatasi in tre modi distinti! Per la confessione constantinopolitana della Trinità si tratta invece di tre reali e distinte sussistenze, quindi persone nel senso moderno del termine. Il concilio di Costantinopoli infatti usò il termine «ipostasi», che non significava affatto «maschera», ma «sussistenza», quindi «individuo». L’interpretazione dunque che si dà del dogma sul sito valdese è a dir poco ambigua. Io sono un evangelico modalista, e so che le Chiese modaliste non possono far parte del Consiglio ecumenico delle Chiese. Eppure ci troviamo d’accordo con quanto scrivono Ricca e Tourn sul modo d’intendere il Dio trino. Perché noi fuori [dal Consiglio ecumenico] e i Valdesi dentro? Non credo si tratti di una domanda oziosa. Noi cristiani evangelici modalisti siamo tanti nel mondo, e la nostra esclusione è una grave lacerazione al corpo mistico di Cristo. La spiegazione della Trinità in termini modalisti e la contemporanea presenza nel Consiglio ecumenico che esclude i modalisti pone la Chiesa valdese in una situazione, a mio modesto parere, di imbarazzante ipocrisia. Inoltre ho sempre desiderato studiare per diventare pastore valdese, ma finora ho creduto la cosa inconciliabile con la mia fede modalista. Ma a questo punto domando: potrei diventarlo decidendo, per chiarezza e non per polemica, di sostituire, nell’ordinazione, l’espressione «tre persone» della confessione di fede valdese con «tre modi di essere»? Da quanto ho letto finora sul vostro sito, la risposta dovrebbe essere «Sì».

Antonio Colaiacovo 


Succede che una e-mail resti sepolta sotto altre o che il suo arrivo in posta elettronica sfugga al suo destinatario. Dev’essere successo qualcosa del genere con questa e-mail di due anni e mezzo fa, di cui evidentemente non mi sono accorto, dato che non ho risposta su Riforma né mi sono fatto vivo con l’autore in altro modo. Di questo naturalmente mi scuso con il nostro lettore il quale, dopo un’attesa di oltre due anni, ha manifestato vivacemente il suo comprensibile disappunto, pronunciando però un giudizio meno comprensibile di questo tenore: «Sono passati oltre due anni (…) ma non ho ottenuto risposta… Evidentemente per ottenere una risposta non è sufficiente porre una domanda, ma forse bisogna anche firmarsi con qualche titolo importante. Percepisco che non siete più una chiesa per il popolo, ma per le persone molto importanti, oggi dette Vip. Con molta probabilità, a una loro missiva il prof. Ricca avrebbe risposto celermente. A me invece, miserrimo evangelico modalista, non ha risposto affatto. Devo riconoscere che soltanto i pastori delle chiese carismatiche (…) si prendono ancora cura della gente qualsiasi… Da quando per i pastori cristiani ci sono e impegni che contano di più delle piccole anime in ricerca e della ricerca delle piccole anime?».
Vorrei anzitutto rassicurare il nostro lettore dicendogli che la mia mancata risposta è stata del tutto involontaria, dovuta semplicemente al fatto banalissimo che la sua lettera non è mai giunta sul mio tavolo, per un motivo che ignoro: probabilmente per una mia disattenzione, della quale, come ho detto, mi scuso. Vorrei dirgli, in secondo luogo, che non conosco personalmente quasi nessuno di coloro che scrivono a questa rubrica, quindi non so se siano Vip oppure no, a parte il fatto che la cosa non mi interessa affatto. Anzi, mettiamola così: per me tutti quelli che scrivono alla rubrica, per il fatto stesso che scrivono, sono Vip. Ma c’è di più: quello che conta in questi nostri «Dialoghi» non sono le persone, ma le domande. Non però nel senso che una domanda ha più valore di un’altra. Certo, una domanda può essere più interessante di altre in quanto solleva un problema che un maggior numero di persone sente come suo. Ma tutte le domande, secondo me, hanno valore, purché non siano domande retoriche, cioè domande che, in fondo, non chiedono nulla. E siccome tutte hanno valore, meritano tutte di essere prese sul serio e quindi di ricevere una risposta. Infine, un’ultima precisazione: l’ordine con cui rispondo alle lettere è quello del loro arrivo. Eccezionalmente, per svariati motivi del tutto indipendenti dalle persone, posso aver anticipato o posticipato una risposta. Ma la regola che ho sempre seguito è questa: rispondo prima alla lettera che è arrivata prima. Se rispondo solo ora – ahimè – a una lettera di due anni e mezzo fa (è la prima volta, in tanti anni, che mi capita) è perché, come ho detto, essa è giunta sul mio tavolo solo il 24 luglio 2012.
Ma veniamo al problema posto dal nostro lettore, che è assolutamente centrale per la fede e la teologia cristiana. Il tema – inutile dirlo – è quanto mai delicato e complesso, perché si tratta di investigare la natura profonda di Dio, potremmo dire la sua vita intima, e sappiamo che «nessuno conosce le cose di Dio se non lo Spirito di Dio» (I Corinzi 2, 11). Perciò lo invochiamo chiedendogli di guidarci nella conoscenza, almeno «in parte» (I Corinzi 13, 9), di quel mistero di luce che è Dio. La fede infatti è conoscenza, non ignoranza, e Dio non vuol restare per sempre una sfinge, ma vuol essere conosciuto (perché solo così lo si può amare), e per questo si è rivelato attraverso profeti, apostoli e altri testimoni, e soprattutto attraverso Gesù di Nazareth. Per maggiore chiarezza, suddividerò, come al solito, la risposta in alcuni punti.
1. Il primo riguarda le considerazioni finali del nostro lettore, nelle quali egli sembra attribuire alla Chiesa valdese nel suo insieme le opinioni mie e di Giorgio Tourn sull’opportunità oggi, quando si parla di Trinità, di sostituire il termine tradizionale «persona» (le «tre persone» della Trinità) con l’espressione «modi di essere». Queste sono nostre opinioni personali (che peraltro, come vedremo, si rifanno al maggiore teologo riformato, anzi cristiano, del novecento: Karl Barth), sono soltanto nostre (e forse di qualcun altro), ma non possono in alcun modo essere estese a tutta la Chiesa valdese che, per quanto ne so, su questa materia non si è più pronunciata dal lontano 1655, quando adottò la formula trinitaria classica nella sua Confessione di fede tuttora in vigore, che nel suo articolo 1°, cui accenna il nostro lettore, suona così: «Noi crediamo che c’è un Dio solo, che è un’essenza spirituale, eterna, infinita, del tutto saggia, del tutto misericordiosa e del tutto giusta, in una parola del tutto perfetta; e che vi sono tre Persone in quella sola e semplice essenza, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo». Nel 1894 il Sinodo, sotto l’influenza della teologia liberale, votò un «Atto dichiarativo» nel quale precisò il significato che esso attribuiva ad alcuni articoli della Confessione di fede, ma non menzionò quello sul Dio trinitario, che quindi è oggi quello che era nel 1655. Può naturalmente darsi che se il Sinodo valdese giudicasse necessario ripensare ed eventualmente riformulare oggi la dottrina trinitaria, non si limiterebbe a ripetere le formule del concilio e di Nicea (325) e di Costantinopoli (381). Nulla però indica che il Sinodo o la Chiesa avvertano oggi questa necessità. Non c’è dunque ombra di modalismo nella posizione ufficiale della Chiesa valdese in merito alla Trinità. Perciò non credo che il nostro lettore, in una eventuale sua consacrazione futura al ministero pastorale in questa Chiesa, potrebbe sostituire l’espressione «tre persone» con «tre modi di essere», a meno che il Sinodo non abbia in precedenza accettato la nuova formula.
2. È probabile che qualche lettore desideri sapere qualcosa di più sul modalismo. È un modo di interpretare (non di negare) la Trinità: come dottrina fu elaborata, con qualche variante, da alcuni teologi del II e III secolo (uno fu Sabellio, che operò a Roma nel III secolo, dove fu scomunicato), e consiste, in sostanza, nel ritenere che l’unico Dio si rivela in diverse «forme» e tempi diversi: anzitutto come creatore e legislatore (il «Padre»), in un secondo tempo come salvatore (il «Figlio»), infine come colui che santifica e dona la vita eterna (lo «Spirito Santo»). «Fra le tre entità in questione non esiste alcuna differenza, salvo la forma di apparizione e la collocazione cronologica»1. È esattamente ciò che dice il nostro lettore: «Questo è il Modalismo: una sola Persona divina manifestatasi in tre modi distinti». Ma che differenza c’è tra questa visione della Trinità e quella – poniamo – di Karl Barth (che ho fatto mia e ho cercato di illustrare nel «Dialogo» del 26 febbraio 2010) ? La differenza è questa: che per il nostro lettore Padre, Figlio e Spirito Santo sono tre modi di apparire, cioè tre manifestazioni, dell’unico Dio, mentre per Barth (e per quanti, come il sottoscritto, si sono formati alla sua scuola) sono tre modi di essere (non solo di apparire!) dell’unico Dio, cioè tre diversi modi in cui Dio è Dio. «Dio è perfettamente uno in se stesso, come lo è nei confronti del mondo e dell’uomo. Ma come tale è Dio tre volte differentemente, in modo che è solo in questa triplice alterità che è Dio…»2. Padre, Figlio e Spirito Santo non sono solo «forme», apparizioni, manifestazioni, sono i diversi modi in cui Dio è se stesso.
3. Può darsi che, a questo punto, qualche lettore pensi: «Tutto ciò è molto complicato, e non so se queste sottili distinzioni siano davvero utili». È vero che la dottrina trinitaria è complicata, ma è anche quella che qualifica in modo inconfondibile la comprensione cristiana di Dio. Perciò credo che valga la pena cercare di capirla. Non è detto che ci riusciamo, ma è bene provarci. Spero a esempio che sia diventata chiara la differenza che c’è tra la visione modalista della Trinità, secondo cui Dio appare come Padre, Figlio e Spirito Santo, la visione ortodossa (chiamiamola così) secondo cui Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo. «Apparire» ed «essere» sono cose ben diverse. Giustamente il nostro lettore richiama la parola «ipòstasi» (in greco ipòstasis), che l’Oriente cristiano adottò al posto della parola «persona» (in greco pròsopon = «faccia», «volto»; «maschera teatrale»), preferita dall’Occidente. Ipòstasi significa «realtà», «entità dotata di esistenza sostanziale», ed è proprio questo che il Credo niceno-costantinopolitano vuole affermare: Padre, Figlio e Spirito Santo non sono semplici «forme», come sostiene il Modalismo, ma, appunto, «realtà», modi nei quali Dio è Dio, come dice Barth. Non sono, come potrebbe sembrare, sottigliezze di scuola. Sono tentativi di capire in profondità il rapporto tra Dio e la sua rivelazione.
4. Detto tutto questo, resta il fatto che le dottrine su Dio, anche le più profonde, non sono Dio. Dio non è dottrina, ma amore. Questa è la verità prima e ultima su di lui.
1 Alister E. McGrath, Teologia cristiana, Claudiana, Torino 1999, p. 302.
2 Karl Barth, Dogmatique, vol. 2 della versione francese, Labor et Fides, Ginevra 1953, p. 63.


tratto dal settimanale Riforma, 21 settembre 2012 - Anno XX - numero 36, p.11


giovedì 20 settembre 2012

XX Settembre 1870 - 20 Settembre 2012



RICORDANDO IL 20 SETTEMBRE

La chiesa valdese di via IV Novembre a Roma rinnova anche quest'anno l'iniziativa presa alcuni anni or sono di ricordare la data del XX Settembre con un culto commemorativo che avrà luogo giovedì 20 settembre alle ore 18.30. Sarà presieduto dal pastore Eric Noffke della chiesa metodista di via XX Settembre e presidente della Società biblica in Italia. L'intenzione dei fratelli della chiesa di via IV Novembre non è quella di un gesto di anticlericalismo ma di un momento di ringraziamento per l'apertura alla predicazione dell'Evangelo nella città di Roma 






la breccia di Porta Pia resta aperta a distinguere nettamente le due realtà, quella statale e quella religiosa. 
(...)
La posizione delle chiese evangeliche su questo aspetto della vita nazionale resta quello di sempre e cioè che la comunità cristiana in uno stato moderno non deve subire limitazioni ma neppure godere di privilegi.
                                                                                                                                                                        Giorgio Tourn

venerdì 14 settembre 2012

PROTESTANTI OGGI E DOMANI






Intervista a Massimo Aquilante
L'Assemblea dei protestanti europei a Firenze

a cura di Gaëlle Courtens



Roma (NEV), 12 settembre 2012 - La VII Assemblea della Comunione di chiese protestanti in Europa (CCPE) che si terrà a Firenze dal 20 al 26 settembre con il motto "Liberi per il futuro", riunirà nel capoluogo toscano 250 persone tra delegati, osservatori e staff provenienti da una trentina di paesi e appartenenti a 106 chiese riformate, luterane, unite e metodiste. Il fatto stesso che quest'assise del protestantesimo storico europeo si svolga in Italia, dovrebbe permettere alle chiese italiane che vi aderiscono di guadagnare in visibilità nel panorama religioso nostrano: questo almeno l'augurio delle chiese luterana, metodista e valdese in Italia, co-organizzatori dell'evento. L'arrivo a Firenze dei rappresentanti della "Concordia di Leuenberg" (vedi scheda in questo numero) come una preziosa occasione, dunque, per far conoscere meglio le chiese della Riforma in Italia? Ne abbiamo parlato con il pastore metodista Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), che ha tracciato un quadro assai realistico del rapporto tra mondo dei media e chiese protestanti in Italia.

Presidente, in quanto rappresentante di un organismo italiano composto da chiese cristiane di minoranza, conosce bene le difficoltà che incontrano gli evangelici in Italia quando si tratta di partecipare a livello mediatico al dibattito pubblico. Quali sono i temi grazie ai quali le chiese protestanti italiane ottengono accoglienza nei media nazionali?
La risposta che viene spontanea è questa: nessuno! Non esistono argomenti specifici che, per loro natura, possano indurre i media a rivolgersi anche agli evangelici per ascoltare le loro posizioni e dare loro voce. Questa osservazione di fatto, forse troppo asciutta ma sicuramente triste e preoccupante, spinge ad almeno due considerazioni.
La prima considerazione riguarda la posizione di privilegio di cui gode la chiesa di maggioranza, la chiesa cattolica romana. Se è vero che, da un lato, le analisi sociologiche dimostrano chiaramente che anche l'Italia è ormai un paese pluralista dal punto di vista religioso, e che la chiesa cattolica conosce anch'essa da anni la parabola discendente di frequenza e di senso di appartenenza, è altrettanto vero, dall'altro lato, che la chiesa cattolica – per ragioni storiche – rimane tutt'oggi una formidabile "agenzia culturale". Essa continua ad esercitare una straordinaria influenza nel processo di formazione delle coscienze e di determinazione delle scelte comportamentali. Su questo terreno, di conseguenza, si verifica il connubio, o l'intreccio, tra le istanze della chiesa di maggioranza e il potere politico, il quale, per parte sua, guarda alla prima come alla "istanza" che meglio rappresenta l'"italianità" e che quindi merita un trattamento anche mediatico non paragonabile a quello riservato alle altre chiese o comunità di fede o realtà religiose.

E la seconda considerazione?
La seconda deriva direttamente dalla prima, ed è questa: proprio a causa dell'influenza culturale del cattolicesimo in Italia non si è mai affermato un modo "laico" di rapportarsi al dibattito teologico, o religioso in generale. E questo fatto implica una scarsa, se non nulla attenzione al "linguaggio" teologico, o alle argomentazioni che derivano da un patrimonio di fede. I media italiani non hanno una sensibilità culturale al confronto delle posizioni teologiche quando si tratta di affrontare questioni quali, per esempio, la vita e la morte, il creato, il ruolo formativo delle religioni; per non parlare delle questioni attinenti al rapporto fede/politica, la laicità dello Stato, la costruzione dello "spazio pubblico", ecc. E' chiaro che chiese di minoranze, come quelle evangeliche, che hanno proprio nel confronto teologico uno dei loro pilastri fondativi, vengono penalizzate fortemente.

Insomma, non c'è scampo, in Italia il protestantesimo non fa notizia?
Nella sensibilità culturale media degli addetti ai lavori, il protestantesimo come prodotto storico-spirituale raramente incontra interesse; non "fa notizia" ciò che per esempio dicono e fanno le grandi chiese protestanti del centro e nord Europa o del nord America; e viene del tutto taciuto il ruolo che le chiese protestanti ricoprono oggi in Africa, in Asia, in certi paesi dell'America latina. Si aggiunga che l'attuale stasi del "cammino ecumenico" sembra avvalorare questa tesi di insignificanza del protestantesimo.
Ma c'è da dire anche che negli anni gli evangelici italiani non hanno curato con la dovuta continuità il tema della loro presenza nella società e del loro contributo al rinnovamento del Paese. Possiamo dire che essi hanno alternato fasi di grande slancio di impegno politico, sociale, culturale, a fasi di ripiegamento su tematiche interne. E, ovviamente, questo andamento altalenante non ha reso un buon servizio all'azione di pubblico riconoscimento, anche informativo e mediatico, delle nostre chiese.

Qual è, in questo quadro, il ruolo specifico della FCEI?
La FCEI ha come propria vocazione costitutiva proprio la cura della testimonianza unitaria delle chiese federate nella società, e quindi anche nei mezzi di comunicazione. A fronte di una situazione così complessa e difficile qual è quella che ho potuto appena tratteggiare, accade però che la rubrica radiofonica Culto Radio in onda su RAI Radiouno, e la rubrica televisiva Protestantesimo di Raidue, facciano registrare buoni indici di ascolto. Un dato che ci fa piacere e ci incoraggia a proseguire. Ma anche ci conferma nella nostra analisi, che cioè la marginalizzazione del protestantesimo nei media è piuttosto un fatto politico. E' per questa ragione che, negli anni più recenti, la FCEI si è molto impegnata in una azione di verifica proprio con i parlamentari, che hanno poi la responsabilità ultima della decisione politica e della produzione delle leggi che riguardano la maturità democratica del Paese. In questo quadro, l'evento dell'Assemblea della CCPE a Firenze è di rilevanza assoluta, sia dal punto di vista dell'informazione, sia da quello della sensibilizzazione.


Per informazioni:


Agenzia NEV - Notizie Evangeliche
Federazione delle chiese evangeliche in Italia
tel. 06/48.25.120
fax 06/48.28.728
e-mail: Agenzia Stampa NEV

tratto da: www.fedevangelica.it

giovedì 6 settembre 2012

Gesù secondo le testimonianze


tratto da: edizionigbu.it

Gesù e i testimoni oculari 

autore: R. Bauckham

ISBN: 9788896441145 
Pagine: 600 
- Formato: 21,5 x 13,5

Collana: Realia 

Edizioni GBU 
Chieti - Roma


Collana Realia 
Testi e documenti sul mondo della Bibbia 
e del cristianesimo antico 

In un’epoca in cui le bibliografie moderne e gli studi critici si 
moltiplicano a ritmo esponenziale, tra chi studia così come tra 
chi svolge ricerca si avverte sempre più l’esigenza di una fruizione
diretta delle fonti, siano queste letterarie oppure documentarie
(papiri, iscrizioni, monete, resti archeologici). 
   La nuova collana Realia intende andare incontro a questa 
esigenza mettendo a disposizione del lettore, in originale o in 
traduzione, questi strumenti che fondano lo studio dei testi biblici
così come quelli del cristianesimo antico sul corredo indispensabile
della documentazione, piuttosto che sulle tendenze del momento.





Contenuto 

Questo importante libro sostiene una verità fondamentale e cioè che i quattro Vangeli sono basati sulla testimonianza oculare di coloro che personalmente conobbero Gesù. Il celebre studioso di Nuovo Testamento, Richard Bauckam, sfida l’affermazione secondo cui il resoconto della vita di Gesù cominciò a diffondersi come “tradizione di una comunità anonima”, affermando invece che esso fu trasmesso “nel nome” dei testimoni oculari. Per sostenere questo punto controverso, Bauckham pone l’enfasi su evidenze letterarie interne, l’uso di nomi propri della Palestina del primo secolo, e sui recenti sviluppi nella comprensione della tradizione orale. 



Gesù e i testimoni oculari prende in considerazione anche le ricche risorse dei moderni studi sulla memoria, in particolar modo in psicologia cognitiva, rifiutando le conclusioni dei critici e richiamando gli studiosi di Nuovo Testamento ad attuare un taglio netto con questa lunga e dominante tradizione. Alla fine Bauckham sfida il lettore a metter fine alla classica divisione tra il “Gesù storico” e il “Gesù della fede”, proponendo invece il “Gesù della testimonianza” così come è presentato dai Vangeli. La presente opera è innovativa e sarà apprezzata da studiosi, studenti e da chiunque voglia comprendere le origini dei Vangeli.

Richard Bauckham è professore emerito di Nuovo Testamento presso l’Università di St. Andrews, in Scozia e senior scholar a Ridley Hall, Cambridge. Membro sia della British Academy e della Royal Society di Edimburgo. In italiano è stato pubblicata La teologia dell’Apocalisse (Paideia) e Indagine su Gesù (Piemme). 


Indice
1. Dal Gesù storico al Gesù della testimonianza 
2. Papia sui testimoni oculari 
3. I nomi nelle tradizioni dei Vangeli 
4. Nomi giudeopalestinesi
5. I Dodici 
6. Testimoni oculari “dal principio” 
7. La prospettiva petrina nel Vangelo di Marco 
8. Persone anonime nel racconto della passione in Marco 
9. Papia su Marco e Matteo 
10. Modelli di tradizione orale 
11. La trasmissione delle tradizioni di Gesù 
12. La tradizione anonima o la testimonianza oculare? 
13. La memoria dei testimoni oculari 
14. Il Vangelo di Giovanni come testimonianza oculare 
15. La testimonianza del discepolo che Gesù amava 
16. Papia su Giovanni 
17. Policrate e Ireneo su Giovanni 
18. Il Gesù della testimonianza








Titolo originale: 
Jesus and the Eyewitnesses. The Gospel as Eyewitness Testimony 
Wm. B. Eerdmans Publishing Co. 2140 Oak Industrial Drive N.E., 
Grand Rapids, Michigan 49505 / 
P.O. Box 163, Cambridge CB3 9PU U.K. 
ISBN: 978–0–8028–3162–0   
Pubblicato negli Stati Uniti: Copyright © 2006 by Richard Bauckham 
Autore: 
Richard Bauckham è professore emerito della University of St. An- 
drews, in Scozia, dove ha insegnato New Testament Studies. Per questo 
volume ha vinto nel 2009 il premio Michael Ramsey dell’Arcivescovo 
d’Inghilterra come migliore volume di teologia per quell’anno. In ital- 
iano è stato pubblicato il suo La teologia dell’Apocalisse (1994). 
Prima edizione italiana: 
Gesù e i testimoni oculari 
Dicembre 2010 | © Edizioni GBU 
Traduzione: Susanna Napolitani 
Revisione: Pietro Ciavarella, Eunice Vairo 
Impaginazione: Rebecca Ciociola 
Progetto grafico e copertina: Stefano Picciani 
Si ringrazia il Prof. Pietro Ciavarella (Facoltà Teologica Avventista di 
Firenze) per la consulenza nella traduzione e nella redazione. 
Le citazioni del testo biblico sono tratte, tranne indicazione contraria, 
da La Sacra Bibbia, Nuova Riveduta (NVR), 1994, © Società Biblica di 
Ginevra – CH – 1032, Romanel–sur–Lausanne. 
Questo volume è stato stampato grazie al contributo dei fondi dell'otto 
per mille della Tavola Valdese. 


Indice 
 Indice delle tavole 
 Abbreviazioni 
      Prefazione 
1.  Dal Gesù storico al Gesù della testimonianza 
2.  Papia sui testimoni oculari 
3.  I nomi nelle tradizioni dei Vangeli                                                   
4.  Nomi giudeo–palestinesi 
5.  I dodici 
6.  Testimoni oculari «dal principio» 
7. La prospettiva petrina nel Vangelo di Marco 
8.  Persone anonime nel racconto della passione in 
Marco 
9.  Papia su Marco e Matteo 
10. Modelli di tradizione orale 
11. La trasmissione delle tradizioni di Gesù 
12. La tradizione anonima o la testimonianza oculare? 
13. La memoria dei testimoni oculari 
14. Il Vangelo di Giovanni come    
testimonianza oculare 
15. La testimonianza del discepolo che Gesù amava 
16. Papia su Giovanni 
17. Policrate e Ireneo su Giovanni 
18. Il Gesù della testimonianza 





Titolo originale: 
Jesus and the Eyewitnesses. The Gospel as Eyewitness Testimony 
Wm. B. Eerdmans Publishing Co. 2140 Oak Industrial Drive N.E., 
Grand Rapids, Michigan 49505 / 
P.O. Box 163, Cambridge CB3 9PU U.K. 
ISBN: 978–0–8028–3162–0   
Pubblicato negli Stati Uniti: Copyright © 2006 by Richard Bauckham 


Prima edizione italiana: 
Gesù e i testimoni oculari 
Dicembre 2010 | © Edizioni GBU 
Traduzione: Susanna Napolitani 
Revisione: Pietro Ciavarella, Eunice Vairo 
Impaginazione: Rebecca Ciociola 
Progetto grafico e copertina: Stefano Picciani 

Si ringrazia il Prof. Pietro Ciavarella (Facoltà Teologica Avventista di 
Firenze) per la consulenza nella traduzione e nella redazione. 

Le citazioni del testo biblico sono tratte, tranne indicazione contraria, 
da La Sacra Bibbia, Nuova Riveduta (NVR), 1994, © Società Biblica di 
Ginevra – CH – 1032, Romanel–sur–Lausanne. 

Questo volume è stato stampato grazie al contributo dei fondi dell'otto 
per mille della Tavola Valdese. 




I Gruppi Biblici Universitari sono dal 1950 il ramo italiano della 
International Fellowship of Evangelical Students, movimento inter- 
nazionale che opera nelle università di molti paesi del mondo con lo 
scopo di suscitare e approfondire la conoscenza della fede cristiana. 
Le Edizioni GBU accompagnano l’azione dei gruppi pubblicando 
libri utili allo studio delle Scritture e all’approfondimento della fede. 
Gruppi Biblici Universitari – www.gbuitalia.org 
Edizioni GBU  - www.edizionigbu.it 







dalla IV di copertina:

La produzione di Richard Bauckam fonde in un unico orizzonte la
riflessione teologica e la ricerca storica. In questo testo egli supera 
la classica dicotomia «Gesù della fede» - «Gesù della storia» a favore 
di un «Gesù secondo le testimonianze». 
In realtà la nascita della storiografia cristiana costituisce un evento 
"rivoluzionario" nel panorama della letteratura antica. 
Eusebio di Cesarea, ad esempio, ha inventato la storiografia archivistica: 
al contrario degli storici classici, egli non ha rielaborato o inventato i discorsi 
dei suoi protagonisti, ma ha ricopiato accuratamente i loro stessi scritti. 
Questo libro prende in considerazione i Vangeli e, ricostruendo una stratigrafia di fonti, 
giunge a enucleare la narrazione di testimoni oculari di quei fatti. 
La Buona Novella è dunque fondata sul resoconto di persone coinvolte 
in quegli eventi. 
Lo studioso non si limita a ragionare sui documenti biblici, ma si avvale anche 
di testi patristici (in particolare Papia di Ierapoli), oltre che di un corredo di realia 
che gli derivano da una attenta frequentazione di repertori epigrafici e 
archeologici. In definitiva: un contributo destinato a far riflettere, 
utile per lo storico così come per il credente, un libro che mette in discussione
conclusioni ritenute definitivamente acquisite e apre nuove piste di
indagine.

Giancarlo Rinaldi,
Università di Napoli, l'Orientale