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sabato 8 ottobre 2011

DIRITTI UMANI




SALVIAMO IL PASTORE NADARKHANI

di Paolo Naso



L'arresto e la condanna a morte in Iran di un pastore evangelico
accusato di apostasia cade a pochi giorni
dalla X Giornata del dialogo cristiano islamico e dall'incontro interreligioso
convocato da Benedetto XVI ad Assisi.
Il dialogo è l'unica strada percorribile ma perché abbia senso
e produca frutti chi vi partecipa deve riconoscere
il valore assoluto della libertà della coscienza.











Yousef Nadarkhani
è un pastore evangelico iraniano
che rischia la vita
perché condannato per apostasia,
avrebbe cioè abbandonato la fede islamica
per convertirsi al cristianesimo.
E lo ha fatto pubblicamente,
diventando pastore evangelico
e contestando
le nuove norme che impongono
l’insegnamento religioso coranico nelle scuole pubbliche.


Il caso è ormai scoppiato e governi e opinione pubblica
di tutto
il mondo sono consapevoli della brutalità di una legge
– quella sull'apostasia – che in Iran e in altri paesi viola il fondamentale
diritto umano alla libertà di coscienza,
di credere o di non credere, e di credere in una forma e
secondo una tradizione diversa
da quella imposta da una legge arbitraria.


Sul caso è intervenuta anche la Casa bianca
ma, sin qui senza che nulla sia accaduto.
Il pastore Nadarkhani potrebbe anzi restare vittima dell'arroganza
di un regime
che sacrifica una persona e un ministro di culto per dare prova della sua
intransigenza e della sua determinazione politica.


Per quanto rimarranno poco ascoltate, però,
le proteste dell'Occidente
e di quanti nel mondo islamico rifiutano di attribuire al Corano
e al profeta Muhammad la paternità
dell'abominio di una esecuzione capitale
perché ci si è convertiti a una regione diversa dall'Islam,
devono continuare. Anzi devono salire di tono.


Siamo a meno di un mese dalla X giornata
del dialogo cristiano islamico,
una iniziativa nata in Italia a pochi mesi dall'11 settembre,
mentre rullavano i tamburi dello scontro di civiltà
e c'era chi invocava
una nuova crociata contro l'islam ritenuto responsabile
di quella tragedia.
Tutto l'islam, l'intera umma dei musulmani.
La giornata del dialogo voleva proporre, in quel frangente,
una lettura radicalmente opposta e tendere una mano ai musulmani che,
come tanti cristiani e tanti non credenti,
avevano osservato sconvolti e angosciati
il crollo delle torri di New York.
Al delirio fondamentalista della “guerra santa” dei qaedisti,
in tutto il mondo milioni di musulmani
seppero contrapporre un'altra idea dell'islam,
quella della pace-salaam come fondamentale principio costitutivo
delle religione rivelata a Muhammad.


In Italia, negli anni successivi la “Giornata” ha fatto la sua strada,
diventando un'occasione importante e riconosciuta
perché cristiani e musulmani,
a livello locale, imparassero a conoscersi ed a collaborare:
il dialogo alla base delle religioni,
con tutti i rischi della frammentarietà e dell'improvvisazione
ma anche una grande esperienza di incontro e
una grande sfida ai pregiudizi.


Quest'anno la Giornata del dialogo coinciderà con una solenne convocazione
convocata da Papa Benedetto XVI in occasione
dei 25 del primo incontro interreligioso di Assisi:
il dialogo al vertice delle religioni, con tutti i rischi e le ambiguità
di una forma a cui
corrispondono pochi contenuti, ma pur sempre
un gesto per la pace e la convivenza.


L'augurio è che per il 27 ottobre, quando in oltre cento città italiane
si celebrerà la giornata
e a Assisi si raccoglieranno i capi delle grandi comunità religiose,
il pastore Nadarkhani
sia già libero. Se così non fosse,
proprio per dare forza e valore al dialogo,
sarebbe bello che in ogni incontro si ricordasse che,
mentre cristiani e musulmani parlano di pace e di convivenza,
un cristiano rischia la vita nel nome di una norma
che qualcuno pretende sia dettata dall'Islam.


Se musulmani e cristiani sapranno dirlo insieme,
a partire da oggi, il 27 ottobre sarà davvero un giorno speciale e benedetto da Dio.




3 ottobre 2011


tratto da: www.chiesavaldese.org
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